


«MA ESSA NON CADDE» I segni di una crisi sono dentro la società: per affrontarli bisogna chiamarli per nome. Fedele ad Ambrogio, il vescovo Mario ha parlato chiaro nel discorso alla Città (06/12), magari infastidendo qualcuno. Ambrogio non era un tipo accomodante e, nel tempo in cui si facevano nitidi i segnali di crisi dell’Impero romano, non esitò ad appellarsi alle “virtù dei suoi cittadini”. Così il suo successore ha usato immagini potenti: «L’impressione del crollo imminente di una civiltà, della rovina disastrosa di una città» che evocano l’evangelica casa minacciata da ogni sorta di insidia. Ma «veramente il declino della nostra civiltà è un destino segnato»? Questi i “segnali allarmanti”: anzitutto «la generazione adulta» che «non trasmette ai giovani buone ragioni per desiderare di diventare adulti» inducendo così «panico, rabbia, fuga, violenza, solitudine», perché «la mancanza di speranza e di motivazioni genera sfiducia e smarrimento», persino «paura della vita». Così la piaga di giovani che «si isolano, si arrendono», con «genitori, insegnanti, educatori che sono angosciati per la loro impotenza di fronte a giovani che non si sa come aiutare». Non meno reale è il dato di «chi cerca casa in città» e «si vede chiudere le porte in faccia» da una metropoli che sembra «non voglia cittadini». Poi «le crepe preoccupanti del sistema sanitario», la «situazione delle carceri» e il «capitalismo malato» che rende la città «appetibile per chi ha molto denaro da investire» (o «da riciclare») spargendo il virus dell’«indifferenza», della «paura» e dell’«avidità», col diffondersi di una «ricchezza disonesta» che «deruba i poveri della loro dignità». Da questa analisi che chiama per nome le «crepe che minacciano la stabilità della casa comune» nasce una parola credibile di fiducia: l’invito è a «farsi avanti» per prendersi la propria parte di responsabilità nella costruzione del futuro e non essere complici di una parte del «crollo». Sposi e pubblici amministratori, educatori e professionisti, imprenditori, politici, giovani. E gente comune che riconosce che «occorre partire da sé, prima che dagli altri. Ogni giorno cerco di fare il mio dovere, in casa, sul lavoro, nella società. Provo fastidio quando respiro quel clima deprimente che prende la parola per lamentarsi, per accusare, per screditare persone e istituzioni. Cerco di fare il mio dovere di cittadino, onesto sul lavoro, affidabile in famiglia. Sento responsabilità per il mondo in cui abito. Sono convinto che la città è sicura, il paese è sicuro se i cittadini comuni come me l’abitano con senso di responsabilità senza chiudersi in un privato rassicurante e indifferente a quello che si muove intorno… Pago le tasse e so che quello che è dovuto è necessario per una città e un paese ben organizzati, per rendere accessibili a tutti i servizi necessari. Per questo sono sdegnato per gli sperperi del denaro pubblico e la corruzione». La casa non cadde – conclude Delpini – perché ci sono persone che si fanno avanti per aggiustarla e renderla abitabile... Ci siete voi, e io vi ringrazio». d.Pietro

GESU’ E’ IL VERO DONO Arriva il tempo delle feste e sempre più la spiritualità del Natale è “sostituita” da luci, un’atmosfera ovattata, ma soprattutto di regali. Troppi. Un Natale consumistico. Specialmente in Europa è in atto una specie di “snaturamento” del Natale: in nome di un falso rispetto che non è cristiano, che spesso nasconde la volontà di emarginare la fede, si elimina dalla festa ogni riferimento alla nascita di Gesù. Senza Gesù non c’è Natale; c’è un’altra festa, ma non il Natale. Se al centro c’è Lui, anche tutto il contorno - cioè le luci, i suoni, le varie tradizioni locali, compresi i cibi caratteristici - tutto concorre a creare l’atmosfera della festa. Se togliamo Lui, la luce si spegne e tutto diventa finto, apparente. Ancora oggi assistiamo al fatto che spesso l’umanità preferisce il buio perché sa che la luce svelerebbe tutte quelle azioni e quei pensieri che farebbero arrossire o rimordere la coscienza. Così si preferisce rimanere nel buio e non sconvolgere le proprie abitudini sbagliate. Gesù è “il dono di Dio per noi” e, se lo accogliamo, anche noi possiamo “essere dono di Dio per gli altri”, prima di tutto per coloro che non hanno mai sperimentato attenzione e tenerezza, i piccoli e gli esclusi. Chiediamoci: cosa significa “accogliere il dono di Dio che è Gesù”, cioè diventare quotidianamente “un dono gratuito per coloro che si incontrano sulla propria strada”? Per questo a Natale si scambiano i doni. Il vero dono per noi è Gesù e così vogliamo essere dono per gli altri. I doni sono un “segno” dell’atteggiamento insegnatoci da Gesù che, inviato dal Padre è stato dono per noi. Un tempo il periodo natalizio era l’unico in cui si aspettava arrivasse qualcosa. Per tanti cominciava il 13 dicembre con santa Lucia, seguiva il 25 con Gesù Bambino (Babbo Natale se ne stava ancora negli Stati Uniti) e si concludeva il 6 gennaio con i Re Magi (la Befana non volava fin da noi). Oggi il mondo è cambiato. I bambini sono sommersi da regali in ogni momento dell’anno e neanche riescono ad apprezzarli. È utile soffocare i bambini con mucchi di giochi? Le ricerche su questo versante sono inequivocabili: quelli che dispongono di troppi giocattoli rischiano una sorta di spegnimento creativo, ossia una forma di interferenza nella loro stessa capacità di giocare perché, come dice anche il proverbio, «il troppo, stroppia». Viceversa, una misura più essenziale di giocattoli permette ai piccoli di sviluppare una maggior creatività, dandosi da fare per tirar fuori il molto dal poco. Se un regalo va fatto in questo periodo dell’anno sia almeno educativo, capace di sviluppare le risorse personali e faccia giocare assieme (i giochi tecnologici spingono all’individualismo a differenza dei giochi di società che, necessitando di più partecipanti, favoriscono la condivisione con fratelli e sorelle o con amici invitati a casa). Come credenti vogliamo prepararci al Natale aprendo la mente e il cuore ad accogliere la Grazia, perché Gesù viene a nascere ancora nella vita di ciascuno di noi e, attraverso di noi, continua ad essere “dono di salvezza”: “Dio non ama a parole”, ma il suo amore lo porta ad abbracciare la nostra debolezza e la nostra condizione umana per sollevarci alla dignità filiale perduta. d.Pietro

CREDERE ALL’ AVVENTO Nel tempo dell’Avvento siamo disposti ad accogliere e attendere Gesù? Una domanda impegnativa e per nulla retorica che vuole mettere in moto la nostra fede e la nostra relazione con Cristo già venuto, che verrà e che vuole nascere nel cuore e nella coscienza reale di ciascuno. Credere all’Avvento significa vivere con intensità queste settimane, con l’accortezza di non ridurle a una semplice preparazione al Natale ma come un itinerario di adesione al mistero di Dio che viene a visitarci e a interpellarci perché sia accolto in noi. In questo anno santo del Giubileo si ricorda anche il 1700° anniversario del primo concilio ecumenico di Nicea, che proclamò nel 325 la professione di fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, e stilò il Credo che ancora oggi recitiamo nella santa Messa domenicale. Il concilio fu convocato per risolvere la controversia nata dalla dottrina di Ario, un prete libico che negava la piena divinità di Cristo. A Nicea la posizione ariana venne condannata. Per questo il Credo recita che il Figlio è homooúsios, ovvero “della stessa sostanza” del Padre. Può sembrare una questione remota e per “addetti ai lavori” teologici ma non è così. Oggi viviamo, specie in Occidente, un tempo di post-secolarizzazione e di crescente scristianizzazione. Ci accorgiamo tutti di essere immersi in una cruenta guerra spirituale, le cui immagini e notizie non vengono trasmesse dai telegiornali ma dalla voce autorevole della Chiesa e dalla testimonianza di tanti martiri e santi della contemporaneità. Già negli anni novanta, l’allora cardinale Joseph Ratzinger parlò di un «nuovo arianesimo» e lo stesso Leone XIV, appena eletto, ha spiegato che anche oggi “non mancano i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo”, e questo “anche tra molti battezzati”, fino a parlare di “ateismo di fatto”. La domanda sulla nostra fede in Gesù ce la dobbiamo porre per capire a che punto siamo e quali passi occorre compiere per vivere la fede oggi e poterla trasmettere, nella sua bellezza e interezza, ai giovani che abbiamo accanto. Il Credo che compie 1700 anni, possa essere riscoperto come quella preghiera che ci pone in relazione personale con il Signore e nello stesso tempo in comunione con tutta la Chiesa, che insieme professa, ama e testimonia l’appartenenza a un Dio rivelato e che ha preso dimora tra noi.

SENTINELLE DELL’AVVENTO Essere sentinelle. Una parola bellica, forse troppo bellica per essere una buona parola, soprattutto in questi tempi. Ma c’è nella Bibbia. Al profeta Ezechiele il Signore dice: «Figlio dell’uomo, io ti ho posto per sentinella alla casa d’Israele» (Ez 3,16). Il pensiero va alla terra da difendere, alla fede nell’unico Dio (oggi la chiameremmo identità religiosa) da testimoniare con energia davanti ai politeismi dei popoli circostanti, secolarizzazione, laicismo, religioni e civiltà ostili. Immagino queste sentinelle bibliche disposte lungo il confine o sui camminamenti di alte mura che ancora si ammirano nei viaggi da turisti, gli occhi fissi all’orizzonte, pronte a riconoscere il nemico, a lanciare il grido d’allarme, a chiamare a raccolta, a organizzare truppe pronte alla guerra. Eppure il Signore chiarisce in modo inequivocabile a Ezechiele il suo compito verso gli israeliti: «Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia» (Ez 3,17). Queste parole restituiscono l’immagine sorprendente e chiarissima di una conversione - nel senso etimologico ed evangelico del termine - un volgersi, girarsi, un cambiare direzione del corpo e dello sguardo. Il Signore convoca sentinelle che guardano dentro la città e portano la sua parola. Non si tratta di cercare nemici esterni o interni, ma di tenere ogni giorno il filo del rapporto con Dio, che non è scontato neppure per i credenti, perché la parola, dice subito dopo il Signore, va rivolta ai malvagi e anche ai giusti. La sentinella ha gli occhi saldi a Dio, per renderlo presente al popolo. Se leggiamo il Salmo 46 ci accorgiamo che è costruito con immagini potenti: la terra può essere sconvolta, le acque possono sollevarsi, schiumare e far tremare i monti, ma il Signore è per noi «rifugio e forza». Da sempre il Signore è qui per noi. Questo ci permette di vivere giorni difficili, anche terribili, ma mai disperati. La rocca non è quella che abbiamo costruito con le nostre mani, pietre che per quanto siano grandi possono un giorno essere abbattute, ma è la fede in un Dio che ci avvolge della sua promessa. Se abitiamo all’ombra di questa rocca, noi possiamo respirare, essere liberi dalla paura. Il nemico vero è dentro di noi, è il nostro essere egoisti, autocentrati, il nostro essere avidi, gente che arraffa. Abbiamo paura di perdere il troppo che abbiamo. Nostro bene - lo ricorda il profeta - non è aver scorto e abbattuto il nemico straniero, ateo, secolarizzato, avere alzato muri, gridato all’armi ed essere uscito vincitore. È aver teso l’orecchio alla Parola di Dio e averla annunciata: questo dice il Signore a Ezechiele. È bellissima l’immagine della biblica sentinella. In Avvento siamo chiamati ad essere sentinelle per cogliere la presenza del Signore. Buon cammino... in attesa sua Venuta nel quotidiano.

SQUARCI DI LUCE IN TEMPI OSCURI La Chiesa in “Missione” è segno di Speranza. Ritiri spirituali mensili: Sabato 22 - GRAZIA, MISERICORDIA, PACE. Il Recupero di una coscienza sostanziale ore 9:15 – preghiera delle Lodi in chiesa ore 9:30 – meditazione (anche online) Casa Don Guanella – Barza d'Ispra (Va): ℡ 0332 783111 barza.reception@guanelliani.it

In AVVENTO ci aiutano ad accogliere la “visita” del Signore: - la preghiera quotidiana in casa, in famiglia - il libretto “Vieni, o Signore, la terra ti attende. Alleluia!” (in vendita in chiesa) - «Il kaire di Avvento» con il Vescovo Mario: su www.chiesadimilano.it, YouTube, Facebook dalle 7 del mattino, su Radio Marconi alle 20.20, su Telenova (canale 18 dt) da lunedì a venerdì in coda al telegiornale, ovvero verso le 19.35, al sabato e alla domenica alle 19 (in replica tutti i giorni nel corso della trasmissione «Buonanotte… in preghiera») - un impegno settimanale: Cerco nella mia storia i segni della venuta del Signore e ne faccio memoria grata - un gesto caritativo di condivisione: sarà sostenuto il progetto “Terra Santa: Speranza tra le macerie” tramite Caritas Ambrosiana. Nonostante le immense sfide umanitarie ed economiche sia a Gaza che in Cisgiordania, Caritas Gerusalemme continua a fornire assistenza sanitaria di base, sostegno psicologico e psicosociale e assistenza umanitaria di emergenza, garantendo così una presenza costante di speranza e solidarietà in tutta la Terra Santa. - Raccoglieremo anche Olio (Do 30/11) per le famiglie bisognose della CP